Vai ai contenuti

Santi del 3 Maggio

Il mio Santo > I Santi di Maggio

*Beato Adamo di Cantalupo in Sabina (3 Maggio)

Etimologia: Adamo = nato dalla terra, dall'ebraico
Sant’Adamo, così è chiamato dagli abitanti di Cantalupo.  In realtà Adamo è un Beato (in forza del decreto di Urbano VIII del 1634).
Sulla sponda destra del torrente Galantina sorgeva un vicus, già noto in epoca romana (e sicuramente anche al tempo degli antichi sabini) ed abitato fino all’alto medioevo. Dal vicus in questione e dal vicino oppidum sarebbero emigrati i fondatori del castrum Cantalupi.
Successivamente al diruto villaggio sarebbe pervenuto uno di quei tanti monaci che, secondo un genere di vita che andava fiorendo nel secolo XI, oltre a condurre un’ esistenza solitaria dedita alla preghiera ed al lavoro, attendevano anche al recupero degli edifici di culto distrutti o abbandonati a seguito della occupazione saracena.
Dalla disponibilità del suo cuore verso il prossimo, all’eremita Adamo derivò fama di Santo; reputazione che non cesserà con il passare dei secoli anche per un eclatante miracolo che avrebbe compiuto.
È infatti tradizione popolare che un giorno Adamo, vedendo un carrettiere in difficoltà lungo l’erta che conduce a Cantalupo, si sarebbe premurato di aiutarlo.
Ma mentre spingeva il pesante carro il mulo lo avrebbe colpito alla fronte con un calcio. Immediata la reazione del mulattiere che, armatosi di un ferro da taglio, avrebbe reciso con un fendente la zampa scellerata.
Fu allora che Adamo, recuperato lo zoccolo, lo avrebbe miracolosamente riattaccato al moncone. Oltre a questo prodigio la tradizione attribuisce ad Adamo di aver tramutato, per ristorare alcuni mietitori, l’acqua in vino.
La popolazione di Cantalupo in Sabina (RI) è legata a questo Beato da una devozione e da un affetto particolare.
In questo centro della bassa Sabina esiste fuori paese una chiesa a Lui dedicata (l’eremo di San Adamo).
In origine era una cappella costruita sulla tomba dell’eremita. Nota sin dal 1000, nel XV secolo la cappella fu ampliata fino ad assumere le fattezze dell’attuale chiesa. La chiesa è jus patronato della famiglia Cati.
All’interno della chiesa c’era una statua che così raffigurava il Beato Adamo: un uomo abbastanza anziano, calvo, con una folta barba bianca vestito da frate. Nella statua il Santo aveva (oltre all’aureola) sulla mano destra una specie di martello, mentre in quella sinistra un attrezzo agricolo. La statua del Santo aveva anche 2 fila di cuori , legati ad uno ad uno che partivano dalle 2 braccia ed arrivavano fino ai piedi. Un cuore in metallo (più grande degli altri) si trovava anche sul petto di Sant’Adamo. In pratica questi cuori testimoniano delle grazie ricevute.
La festività ricorre il 3 di maggio (Bollandus Acta Sanctorum -Die tertia maij).

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Adamo di Cantalupo in Sabin, pregate per noi.

*Sant' Alessandro I - Papa e Martire (3 Maggio)

m. 3 maggio 115/116   (Papa dal 105 al 115)
Nobile romano, ebbe, come narra la tradizione, maestri quali  Plinio il Giovane e Plutarco.
Fu eletto successore di Evaristo in giovanissima età, quando non aveva ancora compiuto trent'anni.

Patronato: Barrafranca (EN)
Emblema: Palma
Nel Liber pontificalis è detto “natione Romanus, ex patre Alexandro, de regione caput Tauri”. Tale indicazione topografica allude alla zona vicina a Santa Bibiana, all'estremità della V regione Augustea, dove L. Statilius Taurus, console nel 44 d.C., eresse i suoi horti e il suo forum e nel Medioevo fu detta Taurina la porta San Lorenzo.
Il suo pontificato va dall'anno 105 al 115. Quindi è indicato il suo martirio, avendo a compagni “Eventius presbiter et Theodolus diaconus”; sepolto sulla “via Numentana, ubi decollatus est, ab
urbe Roma non longe, milliario VII, nonas mai”, cioè il 3 maggio.
Il Martirologio geronimiano alla stessa data segna: “Romae via Nomentana, miliario VII, natale sanctorum Eventi, Alexandri, Theodoli”. Manca ogni indicazione di episcopi, che dà sempre ai papi, e non lo mette al primo posto; queste due circostanze fecero dubitare al Fiorentini dell'identità del papa e del martire.
Nell'itinerario del VII sec. inserito da Guglielmo di Malmesbury nei Gesta Regum Anglorum, fuori della porta Nomentana è segnato: “In septimo miliario eiusdem viae sanctus papa Alexander, cum Eventio et Theodolo pausant ”.
Questa notizia dipende dalla passio, come pure dalla passio dipende il Liber pontificalis.
La passio fa i due compagni di Alessandro ambo presbyteri. Tutti sarebbero stati sepolti da Severina, moglie del comes Aureliano che li aveva condannati, “in septimo milliario ab urbe Roma via Numentana in praedium suum, Eventium et Alexandrum in uno posuit monumento, Theodolum vero solum in loco altero sepelivit”. La passio non ha valore storico, ed è ritenuta dal Duchesne non anteriore al sec. VI; vi si parla anche dei martiri Ermete, Quirino tribuno e di sua figlia Balbina.
Ma le indicazioni topografiche e l'unione dei tre nomi che ricorrono sia nel Liber pontificalis che nel Martirologio geronimiano, nella passio e nell'itinerario detto Malmesburiense sono risultate esatte quando nel 1855 si scoprì al VII miglio della via Nomentana un cimitero e un complesso basilicale con due tombe venerate. Sulla prima era stato eretto un altare con l'iscrizione:
...et Alexandro delicatus votoposuit dedicante Aepiscopo  VRS (0)
L'Ursus fu identificato dal Duchesne con il Vescovo di Nomentum di tal nome ricordato in una lettera del Papa Innocenzo I (401-417).
L'iscrizione è, dunque, dell'inizio del sec. V e dimostra che Alexander è nominato per ultimo, senza alcuna dignità gerarchica, rafforzando i dubbi espressi dal Duchesne. Il cimitero e i monumenti in esso contenuti non permettono in alcun modo una datazione così remota, come l'età di Traiano, ma si tratta di un cimitero locale, iniziato non prima della seconda metà del sec. III.

(Autore: Enrico Josi - Fonte : Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alessandro I, pregate per noi.

*Sant'Ansfrido di Utrecht - Vescovo e Confessore (3 Maggio)

m. 1008 circa
Martirologio Romano:
Nel monastero di Fohorst nelle Fiandre, nel territorio dell’odierno Belgio, transito di Sant’Ansfrido, vescovo di Utrecht, che, colpito da cecità, si ritirò in questo luogo.

Indicato di volta in volta come conte di Brabante, o di Huy, o di Lovanio, appartenne a una nobile famiglia delle Fiandre, e fu uno degli amici e dei sostenitori più leali dell'imperatore Ottone III. Grandemente stimato per la sua onestà e saggezza, si adoperò a liberare il paese dai briganti che l'infestavano.

Nel 992 la moglie di Ansfrido, santa Ilsunda, fondò il monastero di Thorn e vi si ritirò con la figlia Benedetta: fu probabilmente allora che Ansfrido, donato al vescovo di Liegi il suo contado, ricevette la tonsura.
Nel 994, alla morte di Baldovino, Ottone III forzò Ansfrido a succedergli sul seggio episcopale di Utrecht.
L'imperatore fu anche largo di donativi alla diocesi, come anche il suo successore Enrico II, di cui, anzi, Ansfrido fu uno dei più ascoltati consiglieri.
Divenuto cieco, nel 1006 si ritirò nel monastero di Fohorst, più tardi chiamato Heiligenberg (Monte Santo), che egli stesso aveva fondato, e si sottopose alla regola di San Benedetto.
Morì verso il 1010, e il suo corpo fu sepolto prima nel monastero e poi nel 1050 fu traslato nella cattedrale di San Paolo ad Utrecht.
La festa di Ansfrido cade il 3 maggio.

(Autore: Willibrord Lampen - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ansfrido di Utrecht, pregate per noi.

*Beato Arnaldo de Rossinol - Mercedario (3 Maggio)
+ Valenza, Spagna, 3 maggio 1317
Appartenente alla famiglia spagnola dei Rossinol e degli Olivella, il Beato Arnaldo rimase orfano e lo zio, arcivescovo di Tarragona, lo prese nel suo palazzo, poi lo fece ammettere alla corte di Re Pietro III° il quale gli fece un ricco dono.
Ma il giovane ben presto abbandonò la corte e staccò il cuore dalle grandezze mondane per entrare nell’Ordine Mercedario come cavaliere laico.
Si distinse così grandemente per la pratica di tutte le virtù che lo inviarono in redenzione prima in Andalusia poi a Tunisi in Africa dove, donandosi anche come ostaggio, liberò molti schiavi.
Per lo zelo e la prudenza dimostrata nel trattare i riscatti, al suo ritorno fu nominato commendatore del convento di Lerida ricevendo così una grande stima da tutti i cavalieri che il 12 novembre 1308 lo proclamarono Maestro Generale.
Governò l’Ordine fino alla morte avvenuta a causa di una grave malattia nel convento di Santa Maria degli Angeli in El Puig presso Valenza, il 3 maggio 1317 e santamente andò nella pace del Signore.
L’Ordine lo festeggia il 3 maggio.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Arnaldo de Rossinol, pregate per noi.

*San Conlaedo - Vescovo di Kildare (3 Maggio)

m. 520 circa
Martirologio Romano:
A Kildare in Irlanda, San Conlaédo, vescovo, che fu compagno di Santa Brigida nella cura spirituale del suo monastero e degli altri posti sotto la sua giurisdizione ed ebbe grande autorità presso i prelati del luogo.
Le poche notizie pervenuteci su Conlaedo (celt. Collaid, Condlaedh, Conlaeth, Conlaidh, Conleo, Conliad, Conlian, Connlaed), sono contenute nella Vita di santa Brigida di Cell Dara, l'attuale Kildare (Irlanda), scritta da Cogitosus nella prima metà del sec. VII, e in alcuni martirologi irlandesi.
Conduceva vita solitaria a Old Connel sul Liffey, quando fu conosciuto da santa Brigida che lo apprezzò e strinse con lui rapporti di amicizia, associandoselo nel governo spirituale del suo monastero e di quelli affiliati e dipendenti del territorio vicino. Resta dubbio se in quel tempo il monastero avesse già due sezioni: maschile e femminile. Elevato alla dignità episcopale, Conlaedo svolse il suo ministero all'interno dell'abbazia e anche in rebus exterioribus, benché sempre in dipendenza dalla badessa.
E pertanto considerato primo vescovo della diocesi di Kildare, che nell'organizzazione ecclesiastica succedette al monastero come organo giurisdizionale sui territori circostanti.
Fonti provenienti dal predetto cenobio gli danno talora il titolo di arcivescovo per la grande autorità che aveva sugli altri prelati di quella regione. Fu anche uno dei principali artigiani e artisti irlandesi del suo tempo, distinguendosi come miniaturista e specialmente come lavoratore del metallo, artefice di vasi e arredi sacri.
La tradizione gli attribuisce il pastorale in seguito posseduto da san Finbaro di Termon Barry e ora conservato nel museo della Royal Irish Academy.
In una glossa al Félire Oengusso è contenuta la curiosa affermazione che Conlaedo (il cui vero nome sarebbe stato Roncenn) fu divorato dai lupi mentre persisteva nella decisione d'intraprendere un viaggio a Roma contro i desideri di Santa Brigida.
Morì verso il 520. Le sue reliquie già nel sec. VII erano onorate in un'urna marmorea decorata di metalli e pietre preziose, alla sinistra dell'altar maggiore della chiesa monastica, mentre alla destra vi era la tomba di Santa Brigida.
Il bel sepolcro andò perduto durante l'invasione dei Dani. Il Santo è considerato patrono principale della diocesi di Kildare e la sua festa è celebrata il 3 maggio. Nel resto dell'Irlanda è commemorato, con San Cataldo, il 13 maggio.
Il suo culto è stato approvato il 18 giugno 1903.

(Autore: Gian Michele Fusconi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Conlaedo, pregate per noi.

*Beato Edoardo Giuseppe Rosaz - Vescovo di Susa (3 Maggio)
Susa, 15 febbraio 1830 - 3 maggio 1903
Il Beato Edoardo Giuseppe Rosaz fu vescovo di Susa.
Era nato nella cittadina piemontese il 15 febbraio 1830, penultimo di sette figli di una famiglia benestante. Entrato in seminario quindicenne, fu ordinato sacerdote nel 1854.
Canonico del Capitolo della Cattedrale, si fece presto conoscere per la sua attenzione verso i più poveri.
E fu proprio questo grande attenzione per la carità che lo portò a entrare in contatto, a Torino, con San Giovanni Bosco e col canonico Anglesio, successore del Cottolengo alla Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Per dare risposte alle tante ragazze che chiedevano aiuto promosse la nascita delle Suore francescane missionarie di Susa.
Nel 1877, Pio IX lo chiamò alla guida della diocesi. Morirà il 3 maggio 1903 dopo un episcopato segnato dalle sue visite, compiute anche a piedi, alle più sperdute parrocchie di montagna. Giovanni Paolo II l'ha proclamato Beato a Susa il 14 luglio 1991. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Susa in Piemonte, Beato Edoardo Giuseppe Rosaz, vescovo, che tenne per venticinque anni la cura apostolica del popolo a lui affidato, e soprattutto dei poveri, e fondò la Congregazione delle Suore del Terz’Ordine di San Francesco.  
Edoardo Giuseppe Rosaz nacque il 15 febbraio 1830 a Susa, la città montana dalle antichissime origini, capoluogo dell'omonima valle che collega l’Italia alla Francia.
La sua era una benestante famiglia savoiarda, emigrata, come altre, a causa della Rivoluzione Francese. Penultimo di sette figli, fu battezzato il giorno successivo alla nascita nella millenaria Cattedrale di San Giusto. L’ambiente in cui crebbe non poteva essere migliore: ricevette un’ottima educazione, profondamente cristiana. Unico neo la malferma salute, motivo per cui ebbe un insegnante privato in casa.
Si trasferì, successivamente, con la famiglia a Torino per andare poi in collegio a Saluzzo. A Susa tornava per le vacanze.
Aveva davanti a sé una promettente carriera: un fratello era già medico, un altro invece avvocato.
L’indole del futuro sacerdote sbocciò presto, facendo catechismo ai ragazzi poveri di Susa e delle borgate di montagna.
Edoardo entrò in seminario quindicenne, aveva perso, in poco tempo, sia il padre che la madre. La non buona salute lo costrinse, più volte, ad interrompere gli studi. Le lunghe passeggiate in montagna ritempravano il fisico mentre contemplava le bellezze del Creatore. Mete quotidiane erano le tante cappelle, sparse nelle vallate, che la pietà popolare aveva eretto nei secoli.
Tre anni di studio, sempre a motivo della salute cagionevole, li fece a Nizza Marittima. A ventitré anni, attratto dall’ideale del Santo di Assisi, si iscrisse al Terz’Ordine Francescano. Nel 1854 fu
ordinato sacerdote e nominato Canonico del Capitolo della Cattedrale di Susa. Dalle lettere scritte in quegli anni apprendiamo che, giovanissimo sacerdote, già pensava alla fondazione di un istituto di terziarie francescane dedite all’assistenza dei ceti sociali meno abbienti. Questo progetto si sarebbe realizzato ben ventotto anni dopo.
Stabilitosi definitivamente a Susa iniziò il ministero sacerdotale con uno slancio ed un impegno eccezionali. Al centro di tutte le attività vi era la Santa Messa e considerava la confessione come il ministero dei ministeri: si rivolgevano a lui persone di ogni rango, anche nelle ore più impensate della notte. Tra gli altri ricordiamo lo scrittore Norberto Rosa. Mai venne meno la sua attitudine ad aiutare i poveri e chi non aveva avuto la possibilità come lui di studiare.
Giovane prete conobbe il già famoso don Bosco. Motivo fu l’acquisto, da parte del Canonico Rosaz, di libri per il catechismo che Don Bosco preparava per i suoi giovani. Nacque una grande amicizia: per tutta la vita il B. Edoardo raccomandò ai Salesiani i ragazzi abbandonati di Susa. Nonostante la differenza d’età, quando nel 1856 morì Mamma Margherita, tra i primi a cui S. Giovanni Bosco chiese conforto ci fu il Canonico Rosaz. A questi, più volte, capitò di non riuscire a saldare alcuni debiti che Don Bosco tramutò in offerte per la celebrazione di Sante Messe.
Una profonda amicizia e collaborazione nacque anche con il Canonico Anglesio, successore del Cottolengo nella direzione della Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, verso cui indirizzava la fanciulle bisognose. La carità del Rosaz era conosciuta in tutta Susa, da sempre città di transito per viandanti ed emigranti. Chi alla ricerca di fortuna chiedeva aiuto veniva indirizzato a lui, nessuno andava via a mani vuote. Per i giovani ebbe un cuore di padre.
Un giorno un quindicenne venne sorpreso a rubare in chiesa dalla cassetta delle elemosine. Scattò automatica la denuncia. Prima del processo il Rosaz aveva provveduto a farlo accogliere a Valdocco e quando, nonostante la sua richiesta, venne condannato, ne ottenne la grazia scrivendo addirittura al Re. Le ragazze che gli chiedevano aiuto, nel frattempo, erano sempre più numerose. Prese dunque in affitto un locale per ospitarle ma le prime opposizioni arrivarono proprio dagli altri canonici, preoccupati dalla totale mancanza di fondi. L'Anglesio gli disse di perseverare confidando nella Divina Provvidenza.
Nacque il Ritiro di Susa e in poco tempo le assistite erano quaranta. Tra mille difficoltà preziosa collaboratrice fu Maddalena Pesando. Nei mesi estivi, quando occorrevano spazi più grossi, la comitiva traslocava fuori città, ad esempio nell’abbandonata Abbazia della Novalesa. Nel marzo del 1862 la Pesando morì e fu un duro colpo. Il 13 marzo, festa di S. Eldrado, si fece un pellegrinaggio alla Novalesa per chiedere soccorso al santo abate lì vissuto nel IX secolo. La grazia arrivò. Messa in vendita la casa del Ritiro il Rosaz annuì all’acquisto senza avere un soldo in tasca. Venne fissata la data dell'atto e il prezzo in 12.000 lire.
La somma esatta arrivò da Torino, in una busta anonima, proprio il giorno precedente; si prese possesso della casa per l’Assunta. Tra gli stenti si fecero i lavori di ristrutturazione, dal canto suo il Beato rinunciava pure alle vesti nuove e risparmia anche nel vitto. Si organizzarono laboratori di ricamo e di cucito e, nei limiti del possibile, si provvide anche all’istruzione. Dopo due dolorose defezioni, nel 1872 arrivarono alla direzione le Suore della Misericordia. Il Beato Edoardo si era recato a piedi a Savona per prendere accordi direttamente con la Fondatrice S. Maria Giuseppa Rossello. Fece prima sosta al Santuario di Mondovì per chiedere aiuto alla Vergine per il nascente suo istituto. Le prime vocazioni sbocciarono due anni dopo, dirette dalle Suore della Misericordia. In quegli anni il Rosaz fu nominato cappellano delle carceri, del Convitto Civico, delle Suore di S. Giuseppe e Direttore del Seminario.
La svolta della sua vita arrivò nel 1877 quando rimase vacante la sede vescovile. Il Beato Pio IX, dietro suggerimento, tra gli altri, di Don Bosco il 23 dicembre nominò vescovo proprio Edoardo Rosaz. Aveva quarantotto anni e ventiquattro di sacerdozio. All'annuncio rimase sconcertato e scoppiò a piangere. Scrisse subito una lettera al Cardinale Segretario di Stato in cui scongiurava il Santo Padre di sollevarlo da tale incarico. Si reputava incapace e adduceva come motivo la mancata laurea in diritto canonico e in teologia. La risposta arrivò irremovibile: doveva accettare. Le sue tasche, sempre vuote, non gli permettevano neppure di pagare le bolle alla Cancelleria Pontificia.
Si sapeva bene che ciò era dovuto al sostegno delle molte opere di beneficenza e non solo le bolle vennero condonate ma da Roma giunse pure un’offerta. La consacrazione episcopale avvenne il 24 febbraio 1878 nella cattedrale di San Giusto, alla presenza festante di tutta la città. Guiderà la diocesi per venticinque anni durante i quali visiterà tutte le parrocchie per sei volte, muovendosi spesso a piedi per le strade di montagna.
L’opera incompiuta era però rappresentata da quel gruppo di giovani donne che volevano consacrarsi al Signore. Cominciò con l'aggregarle al Terz’Ordine francescano mentre col denaro di un’eredità acquistò il sito della futura Casa Madre. Nacque così la Congregazione delle Suore Terziarie Francescane di Susa (oggi Suore Francescane Missionarie di Susa) con il compito di soccorrere chiunque fosse in stato di bisogno. Per formarle scrisse alcuni libri.
Il suo impegno pastorale, nonostante il passare degli anni, continuò febbrile sia in diocesi che fuori. Sovente era invitato per tenere panegirici ed esercizi spirituali. Alla fine di gennaio 1888 fu chiamato a Valdocco, dove era di casa, per la festa di S. Francesco di Sales, il grande patrono dei Salesiani. Accolto dal Beato Michele Rua, mentre S. Giovanni Bosco morente riceveva per l’ultima volta Gesù Eucaristia, lui celebrava la Messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Nel 1894 partecipò al Congresso Eucaristico di Torino e poi l’anno successivo a quello di Milano. Guidò diversi pellegrinaggi diocesani a Roma e a Torino per l’Ostensione della Sindone del 1898; ad Ars conobbe il Santo Curato Giovanni Maria Vianney. Accolse inoltre nella sua diocesi diversi istituti religiosi.
Fu sempre devotissimo alla Madonna e assiduo pellegrino ai suoi santuari: a Susa le dedicò tre chiese. Fu tra i principali promotori dell’erezione di una statua mariana di bronzo sull’altissima vetta del Rocciamelone (m. 3537), dove era venerata con questo titolo fin dal 1358. Le spese furono sostenute da centoventimila bambini di tutta Italia e fu lui a benedirla il 15 giugno 1899, alla presenza di una moltitudine di popolo e delle principesse di Savoia. Tra le ultime sue istituzioni ci fu un ricovero per anziani mentre già dal 1877 aveva fondato il settimanale diocesano “Il Rocciamelone” che ancora oggi esiste col nome di “La Valsusa”.
Stremato dalle fatiche il 12 gennaio 1903 fu colpito da un malore che lo inchiodò a letto, quasi ininterrottamente, fino al 3 maggio, giorno in cui la sua anima fu accolta dal Padre Celeste. Alle esequie solenni partecipò una moltitudine di popolo, tutti pensavano che era morto un santo. Nel 1919 le venerate spoglie furono collocate nella chiesa della Casa Madre dell'Istituto mentre le sue suore già dal 1905 lavoravano anche in terra di missione.
Edoardo Giuseppe Rosaz è stato proclamato Beato da Papa Giovanni Paolo II il 14 luglio 1991, durante la sua visita pastorale alla città di Susa.

Preghiera
O Beato Edoardo Rosaz,
eminente servitore del Vangelo e Apostolo del Dio Amore,
noi ammiriamo e veneriamo la tua memoria.
Fa che impariamo da te la fiducia nella Divina Provvidenza,
l'autentica devozione alla Vergine Maria,
l'appartenenza totale alla chiesa,
il servizio ai poveri nello spirito francescano.
Insegnaci, col tuo esempio e ottienici, con la tua intercessione,
la grazia di crescere nella fede,
la gioia di evangelizzare con la carità,
l'impegno a mettere Gesù al centro della vita,
come hai fatto Tu, nella semplicità e povertà evangelica,
per scalare, con la tua perseveranza,
la vetta della santità. Amen.

(Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Edoardo Giuseppe Rosaz, pregate per noi.

*Beata Emilia Bicchieri - Domenicana (3 Maggio)

Vercelli, 1238 – 3 maggio 1314
Fondò con l’eredità paterna il monastero domenicano di Santa Margherita a Vercelli, ove sin dall’età di 18 anni volle servire il Redentore seguendo l’austero itinerario che Egli stesso le aveva indicato. La rettitudine d’intenzione che esclude dal nostro agire fini secondi mantenendoci costantemente protesi verso Dio e la filiale gratitudine per i doni ricevuti sono le due doti dominanti della sua vita spirituale.
Martirologio Romano: A Vercelli, Beata Emilia Bicchieri, Vergine dell’Ordine di San Domenico, che, sebbene nominata più volte Priora, svolse con letizia di spirito tra le sue consorelle i più umili servizi domestici.
Nella splendida Basilica Cattedrale eusebiana di Vercelli tra i molti Santi e Beati che vi riposano sono anche gelosamente custodite le spoglie della Beata Emilia Bicchieri, personaggio con cui ebbe
inizio il Terz’Ordine Regolare Domenicano. Esso consisteva in comunità di religiose, legate da voti e poste sotto la Regola del Terz’Ordine che, essendo assai più mite di quella delle monache dell’ordine, permetteva alle suore di dedicarsi anche ad opere di carità.
Emilia nacque a Vercelli nel 1238, quartogenita fra sette sorelle, figlia del patrizio ghibellino Pietro Bicchieri. Famiglia assai facoltosa, curò di educare santamente la numerosa prole. La piccola Emilia, semplice e gioiosa, mostrò presto un’assennatezza ben superiore alla sua età. Odiava i discorsi inutili ed il suo principale piacere consisteva nel ritirarsi in solitudine nella sua camera per conversare con Dio.
Spesso si udiva la sua vocina squillare per la casa, modulando con grazia il canto dei salmi. Rimase presto orfana di madre, ma il papà seppe comunque nutrire nei suoi confronti un tenerissimo affetto. Proprio ciò costituì il più grande ostacolo da sormontare non appena ella decise di voler seguire la chiamata di Dio.
Alla fine il padre cedette alle pressioni della figlia e decise nel 1255di far edificare a proprie spese alla periferia di Vercelli un nuovo monastero domenicano intitolandolo a Santa Margherita. Qui la sua diletta figlia si rinchiuse con altre ragazze per intraprendere la vita religiosa sotto la Regola del Terz’Ordine di San Domenico.
Dal 1273 divenne ella stessa priora del monastero, conducendo l’intera comunità ad una gran perfezione di vita cristiana.
La sua parola d’ordine era: “Fare tutto per Iddio solo”. Inculcò anche insistentemente nei cuori delle consorelle una grande gratitudine per i numerosi benefici che il buon Dio aveva donato loro. Dimentica delle sue agiate origini, visse nell’umiltà più profonda, felice di potersi fare serva delle sue consorelle. Provò sempre una spiccata devozione all’Eucaristia, Alla Passione di Nostro Signore ed alla Vergine Santissima.
La preghiera e l’intima unione con Dio animarono l’intera vita di Emilia, che nella più fiduciosa preghiera spirò a Vercelli il 3 maggio 1314. Proprio in tale anniversario è ancora oggi commemorata dal Martyrologium Romanum, essendo stato riconosciuto ufficialmente il suo culto quale “Beata” dal pontefice Clemente XIV il 19 luglio 1769.
Le sue reliquie, inizialmente conservate nel monastero dove aveva vissuto, nel 1811 vennero traslate nella cattedrale cittadina.  

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Emilia Bicchieri, pregate per noi.

*Santi Evenzio, Alessandro e Teodulo - Martiri (3 Maggio)

sec. III/IV
Martirologio Romano:
A Roma al settimo miglio della via Nomentana, Santi Evenzio, Alessandro e Teodúlo, Martiri.

Catacomba e Basilica di Sant'Alessandro

Catacomba e Basilica di Sant'Alessandro all'altezza del km 12 della via Nomentana, dopo l'incrocio della via Cesarina,presso un'area di servizio, è visibile, per una lunghezza di 150 metri, un tratto del basolato della via antica; e in prossimità del km 13, dove la strada è delimitata da platani, è possibile scorgere sul lato destro la basilica di Sant'Alessandro con il cimitero attiguo.
L'intero complesso venne alla luce durante gli scavi del 1854, condotti nella tenuta del Coazzo per rintracciare testimonianze dell'antica città di Ficulea. Un'iscrizione rinvenuta all'interno di un edificio sotterraneo, portò all'identificazione dell'antico oratorio di Sant'Alessandro martire.
La Basilica fu eretta nel II secolo d.C. per commemorare il martirio di Evenzio, Teodulo e Alessandro, ma la sua struttura definitiva, composta da
due ambienti basilicali contrapposti, risale al IV secolo ad opera di Urso, vescovo dei vicini centri di Ficulea e di Nomentum, con i quali la Basilica appare sempre in stretta relazione.
Sul piano del pavimento si prospettano due sale diametralmente opposte: a destra è ancora
visibile l'altare che circonda e protegge il sepolcro dei due santi Alessandro e Evanzio.
L'altare, arricchito di marmi preziosi, presenta il lato rivolto verso il corpo della basilica finemente lavorato con un motivo ad archi sovrapposti; al centro una finestrella rettangolare
permette di vedere il sottostante sepolcro, bisomo, rivestito da lastre di marmo ancora intatte.
La grande aula basilicale contrapposta all'oratorio presenta sulla soglia due colonne corinzie, in fondo l'abside semicircolare volge la parte convessa su via Nomentana, al centro una nicchia rettangolare dovette, con molta probabilità, contenere una cattedra episcopale.
Il cimitero
si sviluppa su un solo piano con una rete di gallerie comunicanti. Inserite su alcune lastre di copertura è possibile scorgere le ampolle di vetro che contenevano liquidi odorosi adoperati nel rito della deposizione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Evenzio, Alessandro e Teodulo, pregate per noi.

*San Filippo - Apostolo (3 Maggio)

Palestina, I secolo d.C.
Filippo, nato a Betsaida, fu tra i primi ad essere chiamato da Gesù. Spesso confuso con il diacono Filippo, al di là delle notizie forniteci dal quarto Vangelo, la tradizione e su di lui non è sempre concorde.
Sicuramente evangelizzò, sotto Domiziano, la Frigia, dove sembra sia morto crocifisso a testa in giù.

Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco
Emblema: Croce, Pani e pesci
Martirologio Romano: Festa dei Santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.  
Due apostoli festeggiati insieme: Filippo e Giacomo.
Due galilei che hanno trovato "colui del quale hanno scritto Mosè e i Profeti".
É con queste parole che Filippo conduce a Gesù l’accigliato Natanaele (Bartolomeo) così diffidente verso quelli di Nazaret.
Filippo è appena citato nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca.
Giovanni lo presenta per la prima volta mentre fa il conto di quanto costerebbe sfamare la turba che è al seguito di Gesù (6,57).
E, più tardi, quando accompagna da Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme, alcuni “Greci” venuti per la Pasqua: quasi certamente “proseliti” dell’ebraismo, di origine pagana (12,21 ss.).
Nell’ultima cena, Filippo è uno di quelli che rivolgono domande ansiose a Gesù.
Gli dice: "Signore, mostraci il Padre e ci basta", attirandosi dapprima un rilievo malinconico: "Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo".
E poi arriva, a lui e a tutti, il pieno chiarimento: "Chi ha visto me, ha visto il Padre".
Dopo l’Ascensione di Gesù, troviamo Filippo con gli altri apostoli e i primi fedeli, allorché viene nominato Mattia al posto del traditore Giuda (Atti degli apostoli, cap. 1.
Poi non si sa più nulla di lui.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Filippo, pregate per noi.

*Santi Filippo e Giacomo il Minore - Apostoli (3 Maggio)
Il 3 di maggio la Chiesa ricorda la memoria liturgica di due Santi:
San Filippo, Apostolo - Festa - Palestina, I secolo d.C.
San Giacomo IL Minore, Apostolo - Festa

Palestina, I secolo d.C.

L'apostolo Filippo e Giacomo il minore vengono ricordati lo stesso giorno poichè le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma.
Filippo (primo secolo) era originario della città di Betsaida, la stessa degli apostoli Pietro e Andrea.
Discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi a seguire Gesù e, secondo la tradizione, evangelizzò gli Sciti e i Parti.
Giacomo (primo secolo) era figlio di Alfeo e cugino di Gesù.
Ebbe un ruolo importante nel concilio di Gerusalemme (50 circa) divenendo capo della Chiesa della città alla morte di Giacomo il Maggiore.
Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento.
Secondo Giuseppe Flavio (37 circa - 103) fu lapidato tra il 62 e il 66. Tuttavia l'attendibilità del racconto è dubbia.  

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Filippo e Giacomo il Minore, pregate per noi.

*San Giacomo il Minore - Apostolo (3 Maggio)

Palestina, I secolo d.C.
Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dal fratello Giovanni, divenne vescovo di Gerusalemme dopo la morte di Giacomo il Maggiore e la partenza di Pietro.
Occupò una posizione di rilievo negli Atti degli Apostoli ed è autore di una lettera “cattolica“ alle “dodici tribù della diaspora“, che è come un’eco del “Discorso della montagna”.
Il suo ascetismo gli conquistò la stima anche di ebrei ortodossi, molti dei quali si convertirono.
Sembra sia stato lapidato nel 62 d. C..

Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall'ebraico
Martirologio Romano: Festa dei Santi Filippo e Giacomo, Apostoli.
Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai
Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.  
Due apostoli festeggiati insieme: Filippo e Giacomo. Due galilei che hanno trovato "colui del quale hanno scritto Mosè e i Profeti".
É con queste parole che Filippo conduce a Gesù l’accigliato Natanaele (Bartolomeo) così diffidente verso quelli di Nazaret.

Giacomo figlio di Alfeo. È detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Giovanni) detto il Maggiore e da secoli venerato come Santiago a Compostela.

Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini "ai quali diede il nome di apostoli" (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore.
Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione "apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli".
Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita. Incontra
Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a "non importunare" i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali.
Si mette, insomma, sulla linea di Paolo. Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme.
Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento.
In essa, si rivolge "alle dodici tribù disperse nel mondo", ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina.
É come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia.
Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giacomo il Minore, pregate per noi.

*San Giovenale di Narni - Vescovo (3 Maggio)
Pochi i dati biografici su Giovenale, mentre sicure sono quelle che riguardano il suo culto. Il codice Bernense del Martirologio Geronimiano lo ricorda il 3 maggio unito ai tre martiri della via Nomentana e nelle Homiliae in Evangelium ricorda un vescovo di Narni, di nome Giovenale, qualificandolo martire.
I Martirologi di Floro e di Adone lo menzionano con questa indicazione: «Natale sancti Juvenalis episcopi et confessoris». Di Giovenale esiste inoltre una «Vita» scritta dopo il secolo VII di scarso valore storico, secondo cui, egli era di origine africana e, ordinato da Papa Damaso, fu primo vescovo di Narni. Sempre secondo questa «Vita», fu sepolto alla Porta Superiore della città sulla via Flaminia.
Il sepolcro di Giovenale, su cui fu costruito un oratorio attribuito al suo successore Massimo, fu molto onorato nell'antichità e si conserva tuttora nella cattedrale di Narni. L'iscrizione non è antica, forse è contemporanea alla «Vita».
Nel IX secolo il corpo di Giovenale fu trafugato insieme con quello dei santi Cassio e Fausta e trasportato a Lucca, ma in seguito fu restituito a Narni. (Avvenire)

Patronato: Fossano, Narni
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Narni in Umbria, San Giovenale, venerato come primo vescovo di questa città.  
Pochissime ed incerte sono le notizie su Giovenale, mentre sicure sono quelle che riguardano il suo culto.
Il codice Bernense del Martirologio Geronimiano lo ricorda il 3 maggio unito ai tre martiri della
via Nomentana, Evenzio, Alessandro e Teodulo. S. Gregorio Magno nei Dialogi (IV, 12) e nelle Homiliae in Evangelium ricorda un vescovo di Narni, di nome Giovenale, qualificandolo martire. Ma il Lanzoni osserva che questo pontefice dà il titolo di martire anche a vescovi che non morirono per la fede.
Lo stesso Gregorio ricorda il sepolcro di Giovenale esistente sempre a Narni. I Martirologi di Floro e di Adone lo menzionano con questa indicazione: "Natale sancti Juvenalis episcopi et confessoris". Nel Sacramentario Gelasiano al 3 maggio vi è una preghiera in onore del santo.
Di Giovenale esiste inoltre una Vita scritta dopo il sec. VII di scarso valore storico, secondo cui, egli era di origine africana e, ordinato da papa Damaso, fu primo vescovo di Narni. Sempre secondo questa Vita, fu sepolto alla Porta Superiore della città sulla via Flaminia, il 7 agosto, pur celebrandosene come si è dettó la festa al 3 maggio. L'agiografo non gli dà il titolo di martire, ma quello di confessore.
Il sepolcro di Giovenale, su cui fu costruito un oratorio attribuito al suo successore Massimo, fu molto onorato nell'antichità e si conserva tuttora nella cattedrale di Narni. L'iscrizione non è antica, forse è contemporanea alla Vita.
L'autore della Vita di papa Vigilio (537-555) nel Liber Pontificalis ci dà notizia di un monastero che Belisario fondò presso Orte dedicandolo a Giovenale.
Nel secolo IX, il corpo di Giovenale fu trafugato insieme con quello dei Santi Cassio e Fausta e trasportato a Lucca, ma in seguito fu restituito a Narni. Fossano, diocesi appartenente alla provincia di Cuneo, venera San Giovenale come suo protettore, pretendendo di conservarne le reliquie che, peraltro, potrebbero essere quelle di un altro Santo dello stesso nome.

(Autore: Filippo Caraffa – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovenale di Narni, pregate per noi.

*San Guglielmo da Firenze - Mercedario, Martire (3 Maggio)

+ Algeri, Africa, 1330
Nato a Firenze dalla famosa famiglia dei conti di Gueda, San Guglielmo Novelli, chiamato anche con il nome di Fiorentino, avendo conosciuto un religioso mercedario di Napoli, decise di entrare nell’Ordine della Mercede.
Nominato redentore e inviato in Africa, fu colui che trovò San Pietro Armengol appeso ad un albero con una corda al collo ma conservato vivo dalla Vergine Maria.
Fu procuratore generale dell’Ordine e riconciliò in Italia molte lotte tra Guelfi e Ghibellini tanto che il Papa Alessandro IV° per riconoscenza accordò grandi privilegi all’Ordine.
Inviato nuovamente in redenzione ad Algeri fu tenuto in ostaggio per i cristiani ed infine a causa della difesa cattolica fu crocifisso nell’anno 1330.
L’Ordine lo festeggia il 3 maggio.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Guglielmo da Firenze, pregate per noi.

*Beata Maria Leonia Paradis - Fondatrice (3 Maggio)

Acadia, Quebec (Canada), 12 maggio 1840 – Sherbrook (Quebec), 3 maggio 1912
Martirologio Romano:
Nella città di Sherbrooke nel Québec in Canada, Beata Maria Leonia (Alodia) Paradis, vergine, che fondò la Congregazione delle Piccole Suore della Santa Famiglia per assistere i sacerdoti nel loro operato e nella vita ordinaria.
Una genuina figlia del cattolicesimo canadese; al battesimo fu chiamata Alodia Virginia Paradis, figlia di Giuseppe Paradis e di Emilia Grégoire; nacque il 12 maggio 1840 ad Acadia, villaggio attualmente nella provincia di Québec in Canada; tra i suoi ascendenti si potevano vantare molti vescovi, anzi uno di essi fu cardinale arcivescovo di Québec.
Fino ai nove anni ricevette i primi insegnamenti religiosi fra le pareti domestiche, poi a nove anni fu mandata dai genitori, presso le Suore della Congregazione “de Notre Dame” a Laprairie. Nel 1849 e 1850 ricevé la Cresima e la Prima Comunione e risale a quegli anni la sua devozione ai sacerdoti e l’accrescersi dell’amore per le persone umili e povere, tanto che questi sentimenti
divennero i temi fondamentali di tutta la sua vita.
Quando avvertì dentro di sé la chiamata alla vita religiosa, chiese consiglio al sacerdote padre Camillo Lefebvre, il quale la incoraggiò ad entrare nella Congregazione delle Suore Marianite della Santa Croce, da poco costituitasi, per il servizio domestico nelle Case dei ‘Sacerdoti della Santa Croce’ e inoltre per l’educazione della gioventù.
Alodia entrò come postulante fra queste suore, il 21 febbraio 1854 nella città di San Lorenzo; l’anno successivo, il 19 febbraio 1855 divenne novizia con il nome di suor Maria di s. Leonia e a 17 anni, nonostante la sua precaria salute, fece la professione religiosa il 22 agosto 1857.
Avendo dimostrato di avere ottime doti per l’insegnamento, fu inviata in varie Case del Canada; nel 1862 andò negli Stati Uniti come istitutrice nell’orfanotrofio di S. Vincenzo a New York, da poco aperto e dove rimase fino al 1870.
Nel periodo che fu negli Stati Uniti, visse con la Congregazione, la penosa vicenda della separazione nel 1869, del gruppo delle suore americane, dalla Casa Madre francese delle Suore Marianite della Santa Croce; nel 1870 suor Maria Leonia entrò a far parte del gruppo delle suore americane e passò alla Casa di Notre-Dame, nell’Indiana.
Nel 1874 aderendo all’invito di padre Camillo Lefebvre, suor Maria Leonia insieme ad una consorella, si recò in Canada a Memramcook, nella provincia di Brunswick, per formare alla vita religiosa le giovani che lo stesso padre Lefebvre aveva adunate, perché potessero svolgere la loro opera nel collegio di S. Giuseppe, da lui stesso fondato.
Mentre suor Maria Leonia era molto impegnata nel suo lavoro, arrivò il suggerimento di mons. Fabre, vescovo di Montréal, di fondare una piccola Comunità per svolgere i servizi nei suoi Collegi.
E così il 26 agosto 1877, un primo gruppo di 14 consorelle, vestirono un’uniforme nel corso di una breve cerimonia, presieduta da padre Lefebvre, che era Provinciale della Congregazione della Santa Croce in Canada.
Il suo Superiore Generale, autorizzò la costituzione della nuova Comunità, denominata “Piccole Suore della Santa Famiglia”, indipendente dalle Suore di S. Croce; era il 31 maggio 1880.
L’Istituto, sotto la direzione di Madre Maria Leonia, aveva lo scopo specifico di attendere ai lavori domestici nelle Comunità religiose, nei Collegi e Seminari. Comunque il vescovo locale non volle dare la sua approvazione, nonostante il loro notevole sviluppo, allora madre Leonia nel 1895, fu costretta a trasferirsi con le altre suore, a Sherbroock, nella provincia del Québec, accolta favorevolmente dal vescovo mons. Paolo La Rocque, che donò loro una casa.
Il 26 gennaio 1896 il vescovo concesse la sua approvazione e così fiorirono nuove vocazioni e si poterono aprire nuove Case e conventi. Madre Leonia, anche se fondatrice, volle rimanere una semplice suora della Santa Croce, solo il 2 ottobre 1904, per compiacere il vescovo e le sue figlie, decise di indossare l’abito proprio del suo Istituto.
La sua raccomandazione principale alle sue figlie, era quella che bisognava aiutare il sacerdote materialmente e spiritualmente, venerando in lui la persona stessa di Cristo; questo ministero visto con gli occhi della fede, sarà da esse considerato sublime.
Con questo spirito, madre Maria Leonia, creò nelle canoniche e nei Seminari quell’atmosfera propria della Santa Famiglia di Nazareth, fatta di purezza e di pace, di ordine e di discrezione.
Pur non avendo fatto studi speciali, lasciandosi guidare dall’adorazione dell’Eucaristia e dalla lettura del Vangelo, insegnò a leggere e a scrivere ad un gran numero di giovani ragazze, indirizzandole alla vita religiosa e ad un compito così sublime e allo stesso tempo così umile.
L’Istituto ebbe un gran successo e nel suo giubileo d’oro, madre Leonia vide inaugurata, il 21 luglio 1907 la nuova Casa per le suore. Ammalata gravemente di un cancro maligno, da tempo sopportava tutto senza darlo a vedere, finché improvvisamente le sue condizioni di salute si aggravarono e dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, morì il 3 maggio 1912 a Sherbrook, all’età di 72 anni.
Ebbe funerali veramente trionfali; fu sepolta nel cimitero parrocchiale di S. Michele di Sherbrook e riesumata il 4 ottobre 1935, per essere traslata nella Casa Madre delle ‘Piccole Suore della Santa Famiglia’, della stessa città, nel Québec.
L’Istituto già numeroso alla sua morte, si è poi diffuso oltre che in Canada, anche in Honduras, Italia e Stati Uniti. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata l’11 settembre 1984 a Montréal, durante il suo viaggio apostolico in Canada.  

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Leonia Paradis, pregate per noi.

*San Michele Ghislieri - Papa Pio V - Domenicano -(5 Maggio)

Papa Pio V, al secolo Antonio (in religione Michele) Ghislieri (Bosco Marengo, 17 gennaio 1504 – Roma, 1º maggio 1572), è stato il 225º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, sovrano dello Stato Pontificio, oltre agli altri titoli propri del romano pontefice, dal 7 gennaio 1566 alla sua morte.
Teologo e inquisitore domenicano, operò per la riforma della Chiesa secondo i dettami del Concilio di Trento. Con san Carlo Borromeo e sant'Ignazio di Loyola è considerato tra i principali artefici e promotori della Controriforma. Durante il suo pontificato furono pubblicati il nuovo Messale romano, il Breviario e il Catechismo, furono intraprese le revisioni della Vulgata e del Corpus Iuris Canonici.
Intransigente tanto nel governo dello Stato Pontificio quanto nella politica estera, fondò la sua azione sulla difesa del Cattolicesimo dall'eresia e sull'ampliamento dei diritti giurisdizionali della Chiesa; nel tentativo di favorire l'ascesa al trono inglese della cattolica Maria Stuarda, scomunicò Elisabetta I d'Inghilterra.
La sua figura è legata alla costituzione della Lega Santa e alla vittoriosa Battaglia di Lepanto (1571). Fu beatificato nel 1672 da papa Clemente X e canonizzato il 22 maggio 1712 da papa Clemente XI.
Biografia
Famiglia e formazione
Antonio Ghislieri nacque a Bosco (oggi Bosco Marengo, in provincia di Alessandria; all'epoca villaggio appartenente alla diocesi di Tortona e al ducato di Milano) da Paolo e Dominina Augeri. Il padre, pastore di pecore, era povero, e l'accesso agli studi al giovane Antonio fu consentito grazie al sostegno economico di un benefattore suo vicino di casa, tale Bastone. Scritti genealogici fioriti dopo la sua elezione al soglio pontificio, pur senza negare la povera condizione di nascita del Ghislieri, tentarono di nobilitarne le origini collegando la sua famiglia all'omonima potente casata bolognese, il cui esilio alla metà del Quattrocento avrebbe spiegato la presenza di suoi membri nella lontana Bosco e la loro decadenza; questa genealogia, però, non fu mai comprovata su base documentaria. È invece provata la presenza della famiglia Ghislieri nella zona del Bosco fin dal XIV secolo, ben prima dunque del 1445, data di esilio dell'ipotetico antenato Lippo di Tommaso Ghislieri da Bologna; lo stesso Girolamo Catena, autore della sua prima biografia, d'impronta decisamente celebrativa, mise in dubbio le origini bolognesi dei Ghislieri di Bosco per lo stesso motivo. Pio V contribuì a confermare questa tradizionale ascendenza bolognese adottando come stemma l'antica arma dei Ghislieri felsinei e, da papa, favorendo la carriera ecclesiastica del suo presunto parente Giovanni Pietro Alessandri, imparentato per via materna con i Consiglieri, un ramo realmente discendente dai Ghislieri di Bologna che aveva mutato nome. Per volere di Pio V, l'Alessandri, che aveva già assunto il cognome della madre, cambiò il proprio cognome in Ghislieri: in questo modo, il papa si "imparentò" ufficialmente anche con il cardinale Giovanni Battista Consiglieri, zio materno dell'Alessandri.
Ritratto di frate in veste di San Tommaso d'Aquino di Girolamo Mazzola Bedoli (1543) conservato nella Pinacoteca di Brera. Il frate è identificato con il domenicano Michele Ghislieri, ritratto forse durante il suo soggiorno a Parma.
Dopo i primi studi nel paese natale, Antonio entrò a quattordici anni nel convento domenicano di Voghera, assumendo il nome di Michele. Compì in seguito il noviziato presso il convento di Vigevano, ove emise i voti solenni nel 1519 e completò la sua formazione umanistica e teologica presso lo studium conventuale. Notato dai superiori per la straordinaria vivacità d'ingegno e per l'austerità di vita, fu mandato allo studium teologico dell'Università di Bologna, dove ricevette una solida preparazione di stampo rigidamente tomista.
Gli anni dell'insegnamento e gli incarichi nell'Ordine
I primi anni di ministero di fra' Michele furono dedicati all'insegnamento della teologia, di cui fu lettore nei conventi domenicani di Pavia, Alba e Vigevano. Dal 1528 al 1544 insegnò inoltre Filosofia presso l'Università degli Studi di Pavia e fu per breve tempo docente di Teologia presso l'Università di Bologna.
L'attività di insegnamento fu accompagnata nel corso degli anni trenta da diversi incarichi di governo nell'Ordine domenicano: a Vigevano fu procuratore e priore del convento, quindi fu priore a Soncino, ad Alba e infine nuovamente a Vigevano. In questi anni si recò spesso fuori dai conventi per esercitare il ministero pastorale, predicare e giudicare controversie in alcuni capitoli provinciali. Nel luglio 1539 fu temporaneamente inviato a sovraintendere alla ricostruzione del convento domenicano dell'isola di Sant'Erasmo a Venezia. Nel 1542 fu scelto per rivestire la carica di definitore nel capitolo generale della provincia "Utriusque Lombardia" tenutosi a Roma. Dalla stessa assemblea risultò eletto Superiore provinciale per la Lombardia, carica che ricoprì per pochi mesi fino all'ingresso nella Santa Inquisizione.
La carriera ecclesiastica
Il cardinale Ghislieri ritratto dal Domenichino
L'11 ottobre 1542 fu nominato commissario e vicario inquisitoriale per la diocesi di Pavia, ricevendo così il primo incarico nell'attività a cui si sarebbe dedicato fino alla morte con tutte le sue energie. L'anno successivo, a Parma, si mise in luce pronunciando le conclusioni pubbliche del capitolo provinciale, consistenti in trentasei tesi contro l'eresia luterana.
In virtù della sua esemplare condotta di vita, fu nominato inquisitore a Como (1550) e quindi, per volere di papa Giulio III, ebbe la stessa qualifica a Bergamo, dove fu incaricato di condurre un'inchiesta sul vescovo Vittore Soranzo, sospettato di eresia. Il 5 dicembre 1550 la residenza del Ghislieri fu presa d'assalto e l'inquisitore fu costretto alla fuga verso Roma, dove giunse il 24 dicembre riuscendo a consegnare al cardinale Gian Pietro Carafa l'incartamento relativo al Soranzo. Proprio grazie all'intercessione del cardinale Carafa, il Ghislieri fu nominato il 3 giugno 1551 commissario generale dell'Inquisizione romana, occupandosi da subito dei processi contro i cardinali Reginald Pole, Giovanni Morone e contro l'umanista fiorentino Pietro Carnesecchi.
L'elezione a pontefice del cardinale Gian Pietro Carafa, suo protettore, nel Conclave del maggio 1555, segnò un punto di svolta nel cursus honorum del Ghislieri. Paolo IV lo nominò presidente della commissione incaricata di redigere l'Indice dei libri proibiti e il 4 settembre 1556 lo nominò vescovo di Sutri e Nepi e inquisitore generale a Milano e in Lombardia. Fra' Michele ricevette l'ordinazione episcopale il 14 settembre dal cardinale Giovanni Michele Saraceni e l'anno successivo fu creato cardinale con il titolo di Santa Maria sopra Minerva, chiesa domenicana appositamente elevata a titolo cardinalizio.
Il 14 dicembre 1558, in concistoro, Paolo IV nominò il cardinale Ghislieri "Grande Inquisitore della Santa Romana e Universale Inquisizione" con facoltà illimitate e ad vitam. L'anno successivo, alla morte del pontefice, il Ghislieri partecipò al suo primo conclave, aderendo al partito vicino ai Carafa. Dopo aver sostenuto la candidatura del cardinale Antonio Carafa, appoggiò Giovanni Angelo Medici, che fu eletto con il nome di Pio IV. Il Ghislieri fu confermato nel suo ruolo di inquisitore, ma le divergenze con il pontefice, distante dalla linea intransigente del predecessore, lo portarono a essere nominato vescovo di Mondovì il 17 marzo 1560, dove si trasferì; prese possesso della diocesi il 4 giugno 1561.
Il conclave del 1565 - 1566
Alla morte di Pio IV, entrato in conclave con il sostegno del cardinale Carlo Borromeo, Antonio Michele Ghislieri fu eletto il 7 gennaio 1566, incoronato il 17 gennaio (giorno del suo 62º compleanno) da Giulio Della Rovere, cardinale protodiacono e prese possesso della Basilica di San Giovanni in Laterano il 27.
Fu il terzo frate domenicano a salire al Soglio pontificio. Prima di lui erano stati eletti il cardinale Pietro di Tarantasia, che prese il nome di Innocenzo V (febbraio-giugno 1276) e il cardinale Nicola (o Niccolò) di Boccassio, che prese il nome di Benedetto XI (1303-1304). Dopo di lui un quarto domenicano, Pietro Francesco Orsini, verrà eletto papa con il nome di Benedetto XIII (1724-1730).
Il Pontificato
Relazioni con le istituzioni della Chiesa
Inquisizione romana
Pio V scelse una nuova sede della congregazione, dopo che quella precedente era stata distrutta alla morte di Paolo IV. Tenne in elevata considerazione il lavoro degli inquisitori e alcune volte assistette personalmente alle riunioni. Riordinò i poteri dei cardinali inquisitori nella bolla Cum felicis recordationis. Nel 1571 istituì la Sacra Congregazione dell'Indice dei Libri Proibiti, attribuendole l'esclusivo compito di aggiornare l'elenco dei libri sottoposti alla censura ecclesiastica, separandolo dalle competenze dell'Inquisizione. Durante il suo pontificato si svolsero i processi agli umanisti Pietro Carnesecchi e Aonio Paleario, che si conclusero entrambi con una condanna a morte (rispettivamente nel 1567 e 1570). Nell'ambito della revisione del "processo Carafa" fu giustiziato il letterato Niccolò Franco (cui è attribuita tra l'altro una celebre pasquinata), impiccato sulla pubblica piazza l'11 marzo 1570).
Ordini religiosi
*Pio V disciplinò la clausura degli ordini monastici femminili con la bolla Circa pastoralis officii del 1º febbraio 1566.
*Con la bolla Regularium personarum impose ai regolari il divieto di risiedere fuori da conventi e monasteri e di passare da un ordine all'altro.
*Decretò la soppressione dell'ordine religioso degli Umiliati, che a Milano avversava le riforme operate dall'arcivescovo Carlo Borromeo (bolla del 7 febbraio 1571).
*Soppresse la congregazione eremitica di Fonte Avellana, aggregando la comunità all'Ordine camaldolese.
Agostiniani scalzi
Con la lettera apostolica Lubricum vitae genus del 17 novembre 1568, il pontefice impose ai monaci eremiti riunitisi al seguito del sacerdote Filippo Dulcetti nel 1517 di entrare in qualche ordine già approvato (e questi scelsero l'Ordine agostiniano).
Carmelitani
Con la bolla Superna dispositione del 18 febbraio 1566 Pio V approvò tutti i privilegi, le indulgenze e le grazie concesse all'Ordine carmelitano, compreso il privilegio sabatino Nel 1567 con il breve Superioribus mensibus il pontefice sottomise i Carmelitani ai vescovi che dovevano essere assistiti nel loro compito da un piccolo gruppo di domenicani;
Domenicani
Nel 1566 promosse la costruzione del convento domenicano di Santa Croce e Ognissanti a Bosco Marengo, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto costituire il centro di una città di nuova fondazione, nonché suo luogo di sepoltura.
Francescani
Con la bolla Illa nos cura (23 giugno 1568), Pio V impose al capitolo di una provincia la nomina di un superiore provinciale proveniente da un'altra provincia. Inoltre, al fine di custodire le cappelle della Porziuncola, del Transito e del Roseto e di altri luoghi resi sacri dalla memoria di san Francesco, nonché per accogliere i tanti pellegrini che da ogni luogo si recavano a visitarli, nel 1569 diede ordine di edificare ad Assisi la grande Basilica di Santa Maria degli Angeli, completata poi nel 1679;
Gesuiti
Con la bolla Dum indefessae (1571) acconsentì alla raccolta di elemosine per il sostegno dell'ordine;
Ordini religiosi cavallereschi
Pio V confermò i privilegi accordati alla «Società dei Crociati per la protezione dell'Inquisizione» e ordinò loro di difendere le azioni dell'Inquisizione (1570). Stabilì che l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro mantenesse in generale i privilegi ottenuti prima del pontificato del predecessore Pio IV; inoltre confermò che l'elezione del gran maestro venisse fatta dai cavalieri, sotto riserva di approvazione pontificia.
Relazioni con gli ebrei e con i valdesi
L'istituzione del ghetto romano
Se la Spagna, la maggior potenza cattolica del tempo, aveva espulso gli ebrei dal proprio territorio rinunciando così a convertirli, la Santa Sede percorse una strada diversa. Pio V decise infatti di trattenere gli ebrei sul territorio italiano, puntando alla loro conversione. Fu scelto il modello veneziano. Nella città lagunare gli ebrei arrivati dopo le espulsioni spagnole, erano stati confinati su un'isola Gli ebrei romani furono rinchiusi nel ghetto, situato in una specifica zona del rione Sant'Angelo, da cui furono espulsi i cristiani. Essi furono anche obbligati ad assistere a sermoni (tenuti da frati Domenicani) volti alla loro "redenzione". Quindi, nel progetto papale, la sperata conversione sarebbe arrivata al termine di un lungo processo di logoramento.
Il 19 gennaio 1567 il pontefice pubblicò la bolla Cum nos nuper, con la quale revocò molte concessioni di Pio IV: obbligò gli ebrei a vendere tutte le loro proprietà e gli immobili acquistati durante il pontificato del predecessore. Il 26 febbraio 1569 pubblicò la bolla Hebraeorum gens, che sancì l'espulsione di tutti gli Ebrei dallo Stato Pontificio, ad esclusione di coloro che accettavano di risiedere nei ghetti di Roma, Ancona e Avignone. Gli ebrei residenti nei centri più prossimi a Roma emigrarono nel ghetto romano, che in pochi anni divenne sovrappopolato.
La Strage dei Valdesi di Guardia Piemontese
A capo del Sant'Uffizio, il cardinal Ghislieri, venuto a conoscenza che i valdesi di Calabria avevano fatto chiamare da Ginevra maestri protestanti, richiedendoli direttamente a Calvino, incaricò il vescovo di Lesina Orazio Greco di indagare sulla dottrina dei valdesi e lo dotò di poteri inquisitoriali. La relazione di Lesina confermò la gravità dei fatti, per cui i valdesi di Guardia Piemontese e di San Sisto furono assoggettati a provvedimenti forzosi, via via più stringenti, dall'obbligo di ascoltare la predicazione, fino all'abiura. Anche dopo aver abiurato, alcuni continuarono a professare l'eresia e rifiutarono di portare l'abitello giallo con cui era obbligato a vestirsi chi aveva abiurato. A Guardia Piemontese e a San Sisto permase un clima di rivolta: alcuni fuggirono, mentre altri furono imprigionati. Intervennero le truppe del viceré di Napoli Pedro Afán de Ribera: Gian Luigi Pascale, processato a Roma, fu arso sul rogo il 16 settembre 1560, per aver sedotto la popolazione di Guardia Piemontese ad abbracciare l'eresia. Il 9 febbraio 1561 il Sant'Uffizio emise un decreto che prevedeva molte limitazioni alle libertà dei valdesi, che reagirono ribellandosi o fuggendo. Le truppe del viceré, guidate da Marino e Ascanio Caracciolo, incendiarono i paesi, ma furono attaccate dalla popolazione di San Sisto in una stretta gola ed ebbero circa cinquanta perdite. I Caracciolo, entrati poi a Guardia Piemontese, condannarono a morte 150 valdesi per ribellione, porto d'armi ed eresia: 86 od 88 persone furono giustiziate l'11 giugno 1561. Altre centinaia furono imprigionate.
Morte e sepoltura
Cenotafio di Pio V nella Chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo
Pio V, spossato da una grave ipertrofia prostatica di cui, per pudicizia, non volle essere operato, si spense la sera del 1º maggio 1572, all'età di 68 anni, dopo aver detto ai cardinali radunati attorno al suo letto: «Vi raccomando la santa Chiesa che ho tanto amato! Cercate di eleggermi un successore zelante, che cerchi soltanto la gloria del Signore, che non abbia altri interessi quaggiù che l'onore della Sede Apostolica e il bene della cristianità». Spesso è riportato erroneamente che egli sia il primo Papa a vestire di bianco, volendo indossare l'abito dei domenicani anche dopo l'elezione a Sommo Pontefice; in realtà i Papi indossavano già da secoli la talare bianca e papa Pio V si limitò a indossare il saio bianco del suo Ordine sotto le vesti papali.
Fu sepolto nella Basilica Vaticana. Il 9 gennaio 1588 le sue spoglie furono trasferite nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.
Pio V rimane l'unico piemontese ad essere stato elevato al soglio di Pietro nei primi duemila anni di cristianesimo (nel terzo millennio è salito al Soglio pontificio papa Francesco, che peraltro è piemontese solo di ascendenza).
Canonizzazione e culto
Nel 1616 papa Paolo V, su istanza dell'Ordine domenicano, firmò il decreto di autorizzazione dell'istruttoria ordinaria, dando così inizio al processo canonico di beatificazione di Pio V. Nel 1624 papa Urbano VIII acconsentì ad aprire i processi che riconobbero la fama di santità del papa e otto miracoli, di cui due compiuti in vita. Esaminati ed approvati i fascicoli processuali dalla Sacra Congregazione dei Riti, Pio V fu beatificato da papa Clemente X il 1º maggio 1672.
Nel 1695 il maestro generale dell'Ordine dei Predicatori Antonin Cloche richiese l'esame di altri due miracoli: le guarigioni della bambina paralitica Margherita Massi e di Isabella Ricci, in pericolo di vita a causa di un aborto spontaneo. Approvata la relazione dei miracoli presentata dal cardinale Giovanni Maria Gabrielli in concistoro il 4 agosto 1710, Pio V fu canonizzato nella Basilica di San Pietro il 22 maggio 1712 da papa Clemente XI insieme ad Andrea Avellino, Felice da Cantalice e Caterina da Bologna.
La sua festa liturgica fu fissata al 5 maggio e ancora si celebra in questa data nella messa tridentina; nel 1969, con la riforma del calendario liturgico, la ricorrenza fu degradata a memoria facoltativa e fissata al 30 aprile. Pio V è l'unico pontefice proclamato santo in un periodo di ben sei secoli, cioè tra Celestino V (1313) e Pio X (1954).

*San Pietro di Argo - Vescovo (3 Maggio)
m. 922 circa
Martirologio Romano:
Ad Argo in Grecia, San Pietro, vescovo, che si adoperò con somma carità per i poveri e gli schiavi e per la fede provvide incessantemente alla composizione di ogni dissidio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro di Argo, pregate per noi.

*Beato Stanislao Kazimierczyk - Sacerdote dell'Ordeine dei Canonici Regolari (3 Maggio)

Kazimierz (Polonia), 27 settembre 1433 – 3 maggio 1489
Il Beato polacco Stanislao Kazimierczyk, sacerdote professo dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi, spinto dalla carità pastorale fu diligente dispensatore della parola di Dio, maestro di spirito ed assai richiesto per le confessioni. Giovanni Paolo II confermò il suo culto “ab immemorabili” il 21 dicembre 1992.
Martirologio Romano: A Kazimierz in Polonia, Beato Stanislao, sacerdote e canonico regolare, che, mosso da carità pastorale, fu solerte ministro della parola di Dio, maestro di vita spirituale e ambito confessore.  
San Stanisław Kazimierczyk, sacerdote dei Canonici Regolari Lateranensi, fu un vero apostolo dell'Eucaristia, ed educatore dei giovani religiosi, ai quali cercò sempre di inculcare l'amore per il Santissimo Sacramento.
Nacque il 27 settembre del 1433 a Cracovia da una famiglia borghese: suo padre Mattia Scholtis era tessitore e anche presidente del tribunale municipale per diversi anni; la madre Edvige, che lo
diede alla luce in età avanzata, era una donna devota e impegnata nella vita religosa della parocchia del Corpus Domini, dove faceva parte dell'Arcifraternita del Santissimo Sacramento.
Battezzato nella chiesa dal Corpus Domini, è qui che, presso la scuola parrocchiale, seguì le prime lezioni, partecipando alle funzioni religiose. Studiò all'Accademia di Cracovia conseguendo il titolo di baccelliere in teologia.
A 23 anni entrò nel convento dei Canonici Regolari Lateranensi di Casimiria, dove trascorse la sua infanzia e cominciò la sua formazione. Prima di professare i voti religiosi, dovette compiere un noviziato annuale, nel corse del quale si distinse per una eccezionale modestia, umiltà ed eccellenza anche nella preghiera. Dopo l'ordinazione sacerdotale, secondo il costume proprio del convento, il sacerdote per cinque anni dovette prepararsi agli obblighi apostolici, lavorando allo scriptorium monastico.
Dopo questi ciqnue anni, venne nominato predicatore e confessore, mentre nel convento insegnava ai novizi e sostituiva il padre superiore. I giovani monaci nutrivano grande stima e fiducia in lui, poiché non solo insegnava loro la dottrina crisitana, ma cercava anche con successo di testimoniarla con la sua vita.
I biografi del Santo scrivono che con le sue omelie destava un'enorme ammirazione “perché tutto quello che usciva dalla sua bocca, zuccherava le anime e conduceva a sante virtù (…)” e senza essere “lusinghevole in sermoni (…) audacemente castigava peccati grossolani”.
Protettore della gioventù monastica, insegnava ai giovani candidati allo stato monastico la storia della Congregazione, le relative regole e il carisma.
Condusse una vita molto intensa ed attiva sottoponendosi ad estenuanti pratiche ascetiche. A 56 anni si ammalò e morì il 3 maggio 1489. Venne sepolto nel presbiterio, accanto all'altare di Santa Maria Maddalena, patrona dei tessitori. Nel 1632 don Martino Kłoczyński, abate del convento, fede edificare uno splendido altare dove furono trasfrite le spoglie del santo.
Dopo la morte di San Stanisław Kazimierczyk, i fedeli cominciarono a chiedere l'intercessione del santo attraverso le loro preghiere, nella convinzione che possedesse la grazia di ottenere i miracoli, che venivano annotati in un libro speciale. Già nel primo anno dopo la morte se ne annotarono addirittura 176.
I Canonici Regolari Lateranensi cominciarono a presentare domande ufficiali presso la Santa Sede per confermare il suo culto solo nel 1773. In seguito, negli anni Settanta del XX sec. il Cardinale Karol Wojtyla, su richiesta dei Canonici costituì una Commissione storica con la finalità di ricercare e raccogliere ogni odcumento legato alla vita di san Stanisław a conferma della continuità del suo culto. Sulla base di tali documenti iniziò il processo di beatificazione durato dal 1987 al 1992. Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 18 aprile 1993 a Roma.
Il miracolo che gli ha spalancato le porte alla canonizzazione è stata la guarigione avvenuta intorno al 1617 di Piotr Komorowski, starosta di Oświęcim e proprietario di vaste proprietà a Sucha Beskidzka, che si era ammalato gravemente ad un occhio, tanto che si pensava potesse perdere completamente la vista, non avendo più l'altro occhio. Il processo di canonizzazione a livello diocesano è stato aperto nel 1995.
Il 19 dicembre del 2009 Benedetto XVI ha infine riconosciuto il miracolo di guarigione ottenuto per sua intercessione.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Stanislao Kazimierczyk, pregate per noi.

*San Teodosio di Pecersk - Fondatore (3 Maggio)

Vasilev, Kiev, 1029 - 3 maggio 1074
Teodosio fu, dopo Barlaam, il secondo successore di Sant'Antonio Peciersckij.
È ritenuto, però, il vero fondatore del più importante monastero russo, la «lavra» di Kiev, e il promotore della vita cenobitica in Russia. Nato nel 1029 nei pressi di Kiev da famiglia agiata, dopo aver tentato un pellegrinaggio in Terra Santa si fece monaco.
Fu uno dei primi discepoli di Antonio e, poi, igumeno del monastero. Con lui la comunità si allargò e assunse una regola. Morì nel 1074. Riposa nella basilica dell'Assunzione, da lui fatta costruire. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Kiev nell’odierna Ucraina, San Teodosio, abate, che fondò il monastero “delle Grotte”, nel quale si tramanda che abbia dato inizio alla vita cenobitica in questa regione.  Dopo Sant' Antonio Peciersckij, il sucessore di Barlaam fu San Teodosio.
San Teodosio viene considerato come il vero fondatore del più grande monastero Russo (la detta Lavra) e come promotore della vita cenobitica nella Chiesa Russa in generale.
I particolari della sua biografia si conoscono grazie alla Vita che venne composta una decina di anni dopo la sua morte, verso il 1084, dal monaco del monastero delle Grotte, il celebre cronista russo medievale San Nestor.
Qualche notizia sulla vita di San Teodosio venne inserita anche nella ben nota Cronaca dei tempi antichi, composta sempre da Nestor.
Teodosio nacque nel 1029 a Vasilev, nelle regione di Kiev, come figlio di una famiglia benestante. Già negli anni giovanili egli dimostrava la sua propensione per la vita religiosa e contemplativa.
Rimasto orfano del padre, ancora giovane, egli veniva trattato con grande severità da parte della madre.
Dopo un tentativo mal riuscito di intraprendere un pellegrinaggio nella Terra Santa, raggiunse la località nelle vicinanze di Kiev, ove si trovava il famoso santo Russo Antonio e così diventò uno dei suoi primi discepoli.
Qui egli venne accolto benevolmente ed ebbe la tonaca monastica, verso l'anno 1055, dal sacerdote Nikon.
Ritiratosi S. Antonio a vivere in solitudine, Teodosio passò alcuni anni sotto il governo spirituale del suo successore l'egumeno Barlaam.
Nel 1062 egli stesso diventò egumeno della comunità monastica.
Il periodo del suo egumenato fu caratterizzato da una vera fioritura del giovane centro del monachesimo Russo.
Aumentati di numero, i membri della comunità monastica non vivevano più nelle grotte.
Il monastero ebbe ormai i suoi possedimenti, i suoi edifici ed anche una chiesa, costruita di pietra e dedicata all'Assunzione della Vergine Maria, facendo venire per le costruzioni anche maestri bizantini da Costantinopoli.
Una delle innovazioni più decisive fu l'introduzione nella vita monastica della regola di S. Teodosio Studita secondo la redazione del patriarca costantinopolitano Alessio Studita (1025-1043).
Teodosio ricevette da un monaco studita di Costantinopoli il testo della regola, lo fece tradurre; essa ormai fu destinata a governare tutta la vita cenobitica del monachesimo Russo.
La vita e la dottrina di S. Teodosio furono caratterizzate da principi di un ascetismo austero, di spirito di semplicità e di amore verso la povertà e la vita laboriosa.
Nei suoi rapporti con i "potenti del mondo", Teodosio dimostrava la medesima austerità delle sue concezioni e la tendenza di osservare fedelmente l'Ortodossia Bizantina.
Assai dimostrativa sotto questo aspetto è la sua seconda epistola, indirizzata al principe di Kiev, Izjaslav Iaroslavich (1024-1078) sul problema della fede cristiana e della fede dei Latini.
Scrisse: "Voi Latini avete rigettato la fede degli Apostoli e dei Santi Padri e avete accolto la fede ingiusta, piena di perdizione.
Perciò siete respinti da noi.
Perciò non è possibile servire insieme la Liturgia e partecipare nella Comunione".
San Teodosio morì il 3 maggio 1074. Nel 1091 le sue reliquie furono scoperte e trasportate nella basilica dedicata all'Assunzione della Vergine.
Fu canonizzato nel 1108.

(Autore: Cyril Ivanov – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Teodosio di Pecersk, pregate per noi.

*Santi Timoteo e Maura - Sposi e Martiri (3 Maggio)
+ Antinoe, Alto Egitto, 286 circa
Martirologio Romano:
Ad Antinoe nella Tebaide in Egitto, Santi Timoteo e Maura, martiri.  
Larga diffusione ebbe in Oriente il culto dei santi coniugi Timoteo e Maura, martiri nell’Alto Egitto durante la persecuzione del prefetto Arriano.
Sono purtroppo assai scarse le notizie certe sulla loro vita terrena.
Timoteo era lettore della chiesa di Panapeis nei pressi di Antinoe, mentre sua moglie Maura era un’appassionata studiosa della Sacra Scrittura.
Dopo soli venti giorni di matrimonio Timoteo venne portato dinnanzi al governatore e gli fu ingiunto di consegnare i libri sacri in suo possesso, ma egli rifiutò.
Anche Maura non accettò il sopruso e si dichiarò piuttosto pronta a morire con il marito.
Per entrambi giunse così il momento del martirio, subito presso Antinoe in Tebaide verso l’anno 286.
Gli Atti della loro passione narrano inverosimilmente che Timoteo sia stato torturato alle orecchie con attrezzi incandescenti, mentre alla moglie sarebbero stati strappati i capelli. Ambo i coniugi furono poi inchiodati ad un muro, al quale rimasero appesi per ben nove giorni. Il Martyrologium Romanum li commemora il 3 maggio.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Timoteo e Maura, pregate per noi.

*Beato Tommaso (Acerbis) da Olera - Cappuccino (3 Maggio)
Olera, Val Seriana, Bergamo, 1563 - Innsbruck, Austria, 3 maggio 1631
Fra Tommaso da Olera fu un campione della difesa della Fede e della promozione della pietà popolare, nel Tirolo e nel Veneto, nella prima metà del ‘600.
Si chiamava Tommaso Acerbis e nacque nel piccolo paese di Olera, posto nella Val Seriana (Bergamo) nel 1563, fece il pastorello fino ai 17 anni, dividendo con i genitori la povertà dell’epoca, rimanendo nel contempo analfabeta, perché nel suo piccolo paese non vi erano scuole.
Entrò a 17 anni nell’Ordine Francescano dei Cappuccini il 12 settembre 1580 nel convento di
Verona, ottenendo di imparare a leggere e scrivere, dimostrandosi subito un giovane novizio colmo di ogni virtù.
Fece la sua professione il 5 luglio 1584 ricevendo l’incarico di addetto alla questua a Verona fino al 1605 e poi a Vicenza fino al 1612 e a Rovereto dal 1613 al 1617. Nel suo giro fuori dal convento fra le popolazioni di allora, operava riappacificazioni e spingeva al perdono; visitava e confortava i malati; ascoltava ed incoraggiava i poveri, denunciava il male e operava molte conversioni.
La sua opera d’apostolato era alimentata dalla preghiera spesso notturna, dalle penitenze che infliggeva al suo corpo, dai digiuni ed austerità; fu suscitatore di vocazioni religiose, specialmente delle suore.
A Vicenza promosse la costruzione del monastero delle cappuccine nel 1612-13, nei pressi di Porta Nuova; lo stesso interessamento ci fu per il monastero delle clarisse a Rovereto, costruito poi nel 1624.
Nel 1618 lo si trova a Padova come portinaio del convento, intanto dall’anno precedente fu guida spirituale e amico dello scienziato Ippolito Guarinoni di Hall, medico di corte a Innsbruck; nel 1619 su richiesta dell’arciduca del Tirolo, Leopoldo V d’Asburgo, fu destinato ad Innsbruck quale questuante.
Ma anche qui non fu solo un questuante, fu guida spirituale delle Vergini di Hall, che era un centro di educazione per le ragazze nobili tirolesi; con lettere e colloqui guidò spiritualmente le arciduchesse d’Asburgo Maria Cristina ed Eleonora, sorelle di Leopoldo V, al quale insieme alla moglie Claudia de’ Medici, dedicò frequenti incontri nelloro palazzo e indirizzando loro anche delle lettere.
Seguì pure la vita spirituale dell’imperatore d’Austria Ferdinando II, rimanendo suo consigliere durante la guerra dei Trent’anni (1618-48); amico e consigliere dei duchi di Baviera Massimiliano I ed Elisabetta, alla loro corte di Monaco, dove nel 1620 riuscì a convertire al cattolicesimo il luterano duca di Weimar; come pure convertì alla corte imperiale di Vienna nel 1620-21, dal luteranesimo la vedova di Giorgio Fleicher, Eva Maria Rettinger che divenne badessa nel monastero delle benedettine di Salisburgo.
In definitiva era un semplice frate laico, cioè non sacerdote, ma era in grado di parlare altamente di Dio, suscitando in chi lo ascoltava stupore e meraviglia; istruì nella fede persone umili e nobili regnanti, impegnando tutti nell’amore.
L’obbedienza e l’umiltà lo fecero diventare il “fratello della questua” per quasi 50 anni; fu consigliere dell’arcivescovo Paride Lodron, principe di Salisburgo.
Svolse opera sociale a favore degli operai delle miniere di Taufers e nelle Valli dell’Inn e dell’Adige, prese a combattere le ideologie luterane che si espandevano velocemente.
Per ordine dei Superiori nel 1620 a Vienna, stese per iscritto le sue conversazioni a difesa della fede, dal titolo “Concetti morali contra gli heretici”, pubblicati postumi nel 1692 e le sue parole
indicano bene la sua spiritualità: “Né mai ho letto una sillaba di libri; ma bene mi fatico a leggere il passionato Christo”.
Nei suoi scritti riconosce già in quell’epoca l’Immacolata Concezione e l’Assunzione in cielo della Madonna; si recò in pellegrinaggio tre volte (1623, 1625, 1629) alla Santa Casa di Loreto; fu il promotore dell’erezione della prima chiesa in terra di lingua tedesca, dedicata all’Immacolata Concezione, che iniziata nel 1620, con vari aiuti, superando difficoltà di ogni genere, venne completata nel 1654; viene considerata monumento nazionale dell’Austria.
Frate Tommaso da Olera morì piamente e santamente il 3 maggio 1631 a Innsbruck e sepolto nella cripta della Cappella della Madonna, nella locale chiesa dei Cappuccini, dopo alcuni giorni di ininterrotta venerazione dei fedeli austriaci.
Nei secoli successivi, la Chiesa ha dato testimonianza alla fama di santità e all’opera fulgida dell’umile frate bergamasco, che seppe parlare di Dio ai poveri ed ai potenti del suo tormentato tempo.
Papa Giovanni XXIII lo definì un “santo autentico e un maestro di spirito”, Paolo VI lo ricordò come: “valido strumento della generale rinnovazione spirituale… tanto da brillare nella storia di quel glorioso periodo insieme coi più ardenti sostenitori della Riforma Cattolica”.
Secoli dopo il 28 febbraio 1967 a Bergamo, s’iniziò il processo informativo; il decreto d’Introduzione della causa di beatificazione si ebbe il 4 dicembre 1980, il decreto sulle virtù e il titolo di venerabile si ebbe il 23 ottobre 1987. Il 10 maggio 2012 è stato promulgato il Decreto che lo dichiara Beato.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Tommaso da Olera, pregate per noi.

*Santa Viola - Vergine e Martire (3 Maggio)
Verona, primi secoli
Per quanto sia un nome molto usato anche nelle sue varianti Violetta, Iole, della santa che porta il nome di Viola si sa ben poco.
Essa è citata da un antico studioso di agiografia Filippo Ferrari, il quale nel suo volume “Catalogus Sanctorum Italiae” edito a Milano nel 1613, dice di aver letto nelle ‘tavole’ della Chiesa veronese, questo nome di vergine e martire di quella città.
Mancano completamente altri dati, per cui è possibile dubitare anche della sua reale esistenza.
È risaputo che nel corso dei secoli, il culto verso i Santi martiri ebbe varie impennate, con trasferimenti delle reliquie dalle catacombe alle chiese e luoghi religiosi di tutta Europa; lì dove giunsero s’instaurò ben presto un culto locale più o meno intenso, con proclamazione del loro celeste patronato sulle località e spesso nello scrivere la ‘Vita’, mancando di notizie attendibili, si giungeva anche a riconoscere il martire o la martire come originari della zona.
Nulla toglie al valore del loro martirio, anche se per molti le notizie pervenute fino a noi sono in parte leggendarie o non comprovate, del resto l’Italia è piena di queste devozioni, che in alcune zone assumono il grado della solennità, coinvolgendo nelle celebrazioni liturgiche e patronali l’intera comunità locale.
La celebrazione di Santa Viola martire di Verona è al 3 maggio, bisogna comunque dire che l’attuale ‘Martyrologium Romanum’ non ne fa menzione; nella provincia veronese c’è una annuale ‘Fiera di Santa Viola’ e probabilmente qualche chiesa a lei dedicata.
Il nome Viola ha una discreta diffusione, oltre che per la devozione verso l’omonima Santa veronese, anche per la sua derivazione Violetta, che Giuseppe Verdi inserì come nome della protagonista dell’opera lirica “La Traviata”, che come è noto fu ispirata al romanzo di Dumas “La signora delle camelie” e la cui protagonista porta invece il nome di Margherita.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Viola, pregate per noi.

*Beato Zaccaria - Francescano (3 Maggio)

+ 1249
Secondo il Wadding, che per motivi di studio dimorò alcuni mesi nel convento di Santa Caterina di Alemquer (Portogallo) dove il corpo di Zaccaria era in venerazione, questi fu ricevuto all'Ordine in Roma da San Francesco, che lo inviò nella Spagna a predicare tra i Mori.
Lo stesso annalista, lamentando di non poter precisare la cronologia della vita e la data di morte di Zaccaria, riferisce della venerazione che verso di lui nutrirono la regina Sancia e il popolo lusitano che dalla sua parola e dall'esempio delle sue virtù fu indotto a vivere in modo più morigerato; per mezzo di miracoli avrebbe pure convertito uno che dubitava della presenza reale di Cristo nell'Eucaristia e provveduto il convento del pane necessario.
Dapprima fu sepolto nel pavimento della cappella maggiore del convento di Santa Caterina, e quindi composto, insieme alle reliquie di un suo pio confratello, sotto l'altare della stessa cappella, dove nel 1564 veniva esposto il Crocifisso dinanzi al quale Zaccaria era solito pregare.
Ma già verso il 1562 il padre Ambrogio Silva di Gesù, essendo ministro della provincia minoritica lusitana, aveva collocato le sue reliquie nel muro della stessa cappella, a destra dell'altare.
Esse erano visibili attraverso una grata dorata.
Il Martirologio Francescano lo ricorda il 3 maggio e lo dice morto verso il 1249.

(Autore: Mariano da Alatri – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Zaccaria, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (03 Maggio)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

Torna ai contenuti